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venerdì 23 giugno 2017

Perugia Pride Village 2017. Ma non eravamo tutti Charlie?



REVOCATO IL PATROCINIO DEL COMUNE DI PERUGIA ALLA MANIFESTAZIONE


Faccio fatica a capire se il problema è politico, religioso o di altra natura! Con giri di parole potrebbe essere l'uno, l'altro o l'altro ancora, oppure, sia l'uno che l'altro e l'altro ancora, fatto sta che la discussione (ne sono certo) si protrarrà a lungo e non contribuirà in alcun modo alla civile convivenza delle diverse anime che, come è normale che sia, esistono in una città la quale, pur se definita provinciale, è un capoluogo di regione e che da sempre ha accettato il cosmopolitismo, la libertà religiosa e la diversità in tutte le sue forme.

Ma veniamo ai fatti.

L'Omphalos pubblica in rete la locandina (visibile sopra), che poi verrà incriminata, per pubblicizzare il Perugia Pride Village 2017 il cui slogan è "si scrive laico, si legge libero", sicuramente per dare risalto all'evento e offrire uno spunto di riflessione alla società intera sul tema della laicità e dei diritti che la stessa associazione porta avanti; insomma una azione di marketing se vogliamo, con tanto di ideazione grafica. La locandina viene lanciata in rete attraverso i social. Un assessore regionale dell'opposizione, alzatosi una mattina e acceso lo smart, vede l'immagine e ci riconosce la Madonna (non una Drag Queen come sostengono i fautori) che stringe il Sacro Cuore e, sempre attraverso i social, ha protestato, così si è innescato il meccanismo del pro/contro, del confronto (più o meno colorito) sempre sui social, ... e fino a qui tutto normale, come è normale che di fronte a qualsiasi argomento le opinioni e i pareri possano essere diversi, variegati e contrastanti (molto spesso, ahimè, anche contraddittori). Siamo in un paese laico, libero e democratico, ci mancherebbe che tutti non abbiano il diritto di manifestare le proprie idee e le proprie opinioni, così come il proprio 'credo' e le proprie preferenze sessuali! Ma ciò che è opposizione in Regione è maggioranza in Comune (il quale aveva dato il patrocinio alla manifestazione); così, dietro le rimostranze dei 'credenti' della comunità, dapprima il sindaco Romizi chiede ad Omphalos il ritiro della locandina 'blasfema', Omphalos non lo fa (e non potrebbe più farlo visto che circolando in rete oramai l'immagine è di dominio pubblico) ed il Comune toglie il patrocinio alla manifestazione; questa, in sintesi, è la motivazione di Palazzo dei Priori: 



“Perugia è una grande città, nella quale il pensiero differente è una ricchezza che ci sollecita tutti i giorni. Con questo spirito non può che essere interpretato il riconoscimento del Patrocinio del Comune di Perugia alle più diverse manifestazioni di associazioni rappresentative del nostro dibattito civile. È bene precisarlo per chi, ancora, ogni tanto, esprime dubbi per questo o quell'altro Patrocinio, che non può essere inteso come sostegno e adesione totale della Comunità perugina ad un solo pensiero, ma è atto di dovuto riguardo a quella specifica espressione delle nostre più varie ricchezze civili. Però, non può essere banalizzata l’immagine, non rientrante nel materiale oggetto di patrocinio, con la quale, nei giorni scorsi, gli organizzatori del “Perugia Pride Village” hanno ritenuto di ricercare visibilità. La provocatoria caricatura di un’immagine sacra per i credenti costituisce una drastica rottura di quegli irrinunciabili principi di rispetto dell’altro, nei quali tutti dovrebbero riconoscersi; compreso chi si è lasciato andare ad inaccettabili insulti omofobi e compreso chi, strumentalmente ed ancora provocatoriamente, si è scagliato in maniera offensiva contro l’Amministrazione Comunale. La vera laicità, giova ricordarlo, non passa dalla legalizzazione della denigrazione dei simboli religiosi altrui ma pretende che ognuno sia pienamente rispettato nella sua scelta di credente o di non credente. Diviene, perciò, inevitabile procedere con la revoca di quel Patrocinio. È un atto dovuto alla nostra Perugia. A nessuno sia consentito interpretarlo quale atto ostile nei confronti dell’associazione Omphalos e dei diritti che sostiene, chi cercherà di farne motivo di propaganda riuscirà solo ad avvilire ulteriormente le ragioni che afferma. Nessuno esulti per questa revoca perché, pur doverosa, segnala una ferita nel nostro tessuto civile che dovremo essere tutti capaci di sanare al più presto”.


Ora, al di la delle frasi di rito circa la convivenza civile e quanto altro, il succo della questione pare essere (anzi 'è'): "....la provocatoria caricatura di un’immagine sacra per i credenti costituisce una drastica rottura di quegli irrinunciabili principi di rispetto dell’altro" e ancora: "denigrazione dei simboli religiosi altrui"   che sembrano tanto rievocare le motivazioni degli autori della strage nella sede di Charlie Ebdo, vignettista satirico considerato dai musulmani blasfemo per aver preso a soggetto Maometto, senza considerare che lo stesso potrebbe essere stato considerato blasfemo da tutte le religioni avendo fatto vignette su tutti i 'credo', compreso Papa e cattolici. Ma allora "on était tous Charlie" o quantomeno indifferenti! Oggi? Mi domando se lo siamo ancora! Mi domando dove sta la differenza tra le motivazioni musulmane che hanno portato all'uccisione del vignettista rispetto a quelle di una Amministrazione comunale che crea divieti a fronte di blasfemia (così giudicata in maniera arbitraria da una parte dei cittadini) che offenderebbe i credenti della comunità intera. Io personalmente, da credente, non mi sono sentito offeso, ma guai a chiamare questi credenti 'bigotti' perché non lo sono! Non è bigotto chi si scandalizza per una locandina che considera 'blasfema' e quindi discrimina e ne impedisce la sua divulgazione. Non è bigotto chi si professa credente e trasgredisce, con questa presa di posizione mascherata dalla rivendicazione del rispetto, il comandamento 'non uccidere', chissà magari 'credendo' che non uccidere significa non sparare, non strozzare qualcuno, ... insomma non uccidere fisicamente, trascurando che il concetto espresso dal comandamento è più ampio, ovvero "si uccide ogni qual volta si giudica, si isola, si discrimina, si odia, si parla male, .... di un fratello", soprattutto se questi è un 'non credente', in quanto un credente vero 'prega' per i non credenti, per i blasfemi, affinché questi vengano perdonati ed accolti dalla misericordia divina. Ma potremmo continuare all'infinito nel disquisire sul concetto di credente, blasfemo o bigotto, fatto sta che la 'presunta blasfemia' del manifesto sembra un pretesto più che una motivazione. Oltre tutto mi pare che le istituzioni cittadine della Chiesa non abbiano fatto neppure una nota sulla questione e credo che giudicare 'blasfemo' un qualcosa sia di loro propria competenza. Inoltre, nella stessa nota di Palazzo dei Priori, si legge: "Diviene, perciò, inevitabile procedere con la revoca di quel Patrocinio. È un atto dovuto alla nostra Perugia" sorge spontaneo domandarsi se quel "nostra" sia riferito effettivamente a tutta la comunità oppure sia un plurale maiestatis oppure per nostra si intende la loro, ovvero di quelli che hanno protestato.


Risultato: se una amministrazione comunale vieta (ordina il ritiro) una locandina che la stessa amministrazione reputa 'blasfema' per tutelare le sensibilità ed il rispetto dei credenti (ma solo alcuni dal momento che come me molti altri credenti non si sono sentiti offesi o non rispettati) della comunità, perché, ad esempio, poi partecipa in pompa magna a processioni e celebrazioni liturgiche con lo stendardo della Città, in rappresentanza della comunità intera quindi, senza tutelare i non credenti della stessa che potrebbero sentirsi offesi? Mah, vallo a sapere! Sta di fatto che di errori mi pare ci siano, da diversi fronti, la cosa preoccupante è che nel giro di pochissimi giorni a Perugia si sono verificati due eventi a dir poco "anomali", questo appena descritto e la non trascrizione dell'atto di nascita del piccolo Joan in quanto figlio di una coppia lesbica e non di una famiglia 'tradizionale', che fanno riflettere e che sono destinati ad infuocare l'estate perugina.



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